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Corso base Diritto di Famiglia

Siamo lieti di segnalarvi il corso base di Diritto di Famiglia, organizzato dall'Ordine degli Avvocati di Roma, in collaborazione con la "Commissione Famiglia e Diritti della Persona", dal titolo
"CORSO BASE DIRITTO DI FAMIGLIA" che si è svolto il 20.04.2021 in diretta streaming dal canale YouTube dell'Ordine degli Avvocati di Roma.

Per visionare il corso cliccate sul link sottostante.
https://www.youtube.com/.../UCm0W85FtXNjCqjPIZSP.../featured
Divorzio, ecco quando si riconosce l'assegno all'ex coniuge.

di Giorgio Vaccaro

Perché sia riconosciuto l’importo non basta la differenza, anche se rilevante, tra i redditi di marito e moglie.

Non basta la differenza, per quanto rilevante, tra i redditi dei coniugi a giustificare l’attribuzione dell’assegno divorzile. È necessario invece accertare la misura del contributo dato dall’ex partner che chiede l’assegno alla formazione del patrimonio comune o di quello dell’altro ex, a cui si chiede di pagare il mensile. È questa l’orientamento ribadito dalle ultime pronunce della Cassazione, che definiscono meglio gli elementi dei principi di diritto da applicare per decidere sul riconoscimento dell’assegno divorzile, modificati dalla sentenza 18287/2018 delle Sezioni unite.

La Cassazione ha ormai pacificamente archiviato il criterio del mantenimento del tenore di vita, utilizzato in passato (e fino alla sentenza 11504 del 2017 della Prima sezione della Suprema corte) come guida all’attribuzione dell’assegno divorzile. Piuttosto, i giudici ribadiscono le sue funzioni assistenziale e, in pari misura, compensativa e perequativa.ù

Le «scelte comuni»

Così, perché si possa considerare correttamente riconosciuto l’assegno divorzile, il giudice del merito deve verificare se la accertata sperequazione tra i redditi di marito e moglie abbia le sue radici «in scelte comuni di vita, in ragione delle quali le realistiche aspettative professionali e reddituali del coniuge più debole sono state sacrificate per la famiglia, nell’accertato suo decisivo contributo alla conduzione familiare, alla formazione del patrimonio di ognuno o di quello comune per la durata del matrimonio» (Cassazione, ordinanza 1786 del 28 gennaio 2021).

Questa valutazione deve portare al riconoscimento di un contributo, che sarà volto non al conseguimento di una autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, ma al raggiungimento, in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate.

Il nesso causale

Perché, poi, possa avere rilevanza la sperequazione, è necessario individuare il nesso causale tra la sopravvenuta sproporzione economico-patrimoniale e il contributo fornito dalla parte richiedente.

Si tratta di un’analisi che deve essere effettuata con la valutazione della sussistenza, caso per caso, dei presupposti assistenziali, compensativi e perequativi.

Se si dimostra che questi presupposti ricorrono, sarà riconosciuto un assegno adeguato all’apporto fornito dal richiedente nella realizzazione della vita familiare in ogni ambito di rilevanza. Se, invece, questi presupposti non vengono dimostrati, l’assegno divorzile non potrà che essere negato per mancanza dei suoi presupposti.

Per ottenere l’assegno, infatti, non è sufficiente operare un generico riferimento al contributo dato alla formazione del patrimonio familiare. Solo la dimostrazione concreta della sussistenza di questo apporto può portare al riconoscimento del diritto all’assegno divorzile sotto il profilo perequativo-compensativo.

La ricerca del lavoro

Ancora, la Cassazione ha posto in rilievo l’importanza di accertare l’onere - da sempre esistente in capo alla parte che chiede l’assegno divorzile - di cercare un lavoro. In particolare, i giudici affermano che non può mai essere ritenuto irrilevante tout court il rifiuto di un impiego, anche quando non sia adeguato al titolo di studio e alle aspirazioni individuali del coniuge che chiede l’assegno (Cassazione, ordinanza 5932 del 4 marzo 2021).

Al contrario, il rifiuto di un impiego deve sempre essere valutato in modo specifico.

La nuova convivenza

Altro rilevante aspetto affrontato dalla Cassazione - e sul quale si è in attesa una pronuncia delle Sezioni unite - è quello relativo alla valenza estintiva della sopravvenuta convivenza more uxorio sull’obbligo di versare l’assegno divorzile.

Il filone interpretativo - attualmente dominante - che propende per l’automatica esclusione dell’assegno nel caso di una sopravvenuta convivenza successiva al divorzio è stato infatti messo in dubbio, sul presupposto della necessità di una più attenta analisi del carattere perequativo-compensativo dell’assegno divorzile.

In pratica, si è detto, dato che tra i criteri per attribuirlo si riconosce centralità al contributo dato al patrimonio familiare da parte del coniuge più debole, l’assegno non può essere escluso automaticamente dalla nuova convivenza. Potrebbe invece essere necessaria una valutazione, volta per volta, dell’esistenza dei criteri per mantenerlo o meno.









Coppie di fatto. Vince il "fai da te"

Per colmare un vuoto legislativo, le coppie di fatto italiane eterosessuali o omosessuali iniziano a regolamentarsi in modo autonomo attraverso i cosiddetti  "contratti di convivenza", scritture private che, autenticate davanti a un notaio, possono regolare alcuni aspetti della vita familiare. Ma come funzionano? E quali ambiti è possibile tutelare?  

L' intervista  ALL'ESPERTO  «Per tutelarsi è meglio il matrimonio civile»

I contratti di convivenza tutelano realmente le coppie? Lo abbiamo chiesto a Corinna Marzi, esperta di diritto di famiglia a Roma.  

Quali sano le differenze tra questi contratti e il matrimonio civile?  

Rispetto al matrimonio civile questi accordi non determinano un vincolo di parentela e non hanno effetti anche sul piano successorio. Inoltre, raramente prevedono una tutela per il coniuge più debole. Le coppie che intendono anche solo vagamente vincolarsi giuridicamente solitamente scelgono il matrimonio. Importante, invece, sarebbe la previsione di una tutela giuridica per le coppie omosessuali che, per legge, non trovano un'adeguata difesa e sono costrette a ricorrere a questi accordi che non le tutelano del tutto.  

In Italia ci troviamo di fronte allo zero assoluto in questa materia?  

Purtroppo sì. Salvo qualche sporadico diritto, come il diritto al subentro nel contratto di  locazione in caso di morte e il diritto al risarcimento del danno in caso di incidente stradale mortale, il convivente superstite non ha altri diritti successori. La legge tutela solo i figli nati durante la convivenza, stabilendo che possono percepire assegni di mantenimento. Inoltre, di regola viene concessa l'assegnazione della casa coniugale al genitore con il quale i figli saranno domiciliati prevalentemente e solo fino a quando gli stessi non saranno autonomi economicamente e non più conviventi.  

II registro delle unioni civili può essere  un'alternativa al matrimonio civile?  

Non credo che offra alcuna tutela, ma che serva per provare una convivenza stabile. La maggior parte delle coppie di fatto eterosessuali se volessero avere più diritti e doveri avrebbero a disposizione l'istituto del matrimonio civile. Se non lo scelgono, è evidente che uno dei due conviventi non desidera vincolarsi in alcun modo. Sono le coppie omosessuali che sono prive di tutela giuridica e per le quali sarebbe giusto, oltre che civile, prevedere una legge come quella delle "Eingetragene Lebensgemeinschaften"  (convivenze registrate) previste in Germania.  

Servizio di Alessia Lucchese.  



Coronavirus, tutte le risposte ai dubbi dei genitori separati

No, il coronavirus non è una ragione valida per mettere sotto naftalina il vostro diritto di essere genitori. E l'ex coniuge che sostiene il contrario o prova ad allontanarvi dai vostri figli con la scusa dell'emergenza può andare incontro a conseguenze molto serie.

In queste settimane difficili, in cui la nostra quotidianità è stata stravolta dalle misure per fermare il Covid-19, siamo portati a mettere in discussione tutto. Questo perché la regolamentazione ha lasciato degli spazi vuoti, all'interno dei quali non è facile orientarsi. Servono strumenti e conoscenze. E così i telefoni degli avvocati hanno preso a squillare insistentemente. Le richieste sono sempre le stesse. Ecco le più frequenti.

"Avvocato, la mia ex non vuole farmi vedere mio figlio, che devo fare?"

Oppure: "Avvocato, ma è sicuro lasciare il bambino al padre?". Il prezzo dell'incertezza lo pagano principalmente i papà, "visto che nel 90 per cento dei casi i minori sono collocati presso la madre", ci racconta l'avvocato

Lorenzo Puglisi

Del Foro di Milano, specializzato in diritto di famiglia. "Dall'inizio dell'emergenza – spiega – le madri non si fidano più a lasciare il figlio ai padri, assumendo come luogo sicuro quello domestico". "È chiaro che il diritto di visita va contemperato con il primario interesse del minore a non essere esposto a rischi, tuttavia – chiarisce il legale – se un papà rispetta le regole e non svolge una professione potenzialmente a rischio non ci sono fondati motivi per giustificare il mancato invio del minore". Come difendersi allora dalla riottosità dell'ex coniuge? "I tribunali sono fermi – spiega Puglisi – ma non per procedimenti urgenti ex articolo 700 del codice di procedura civile". Se la domanda del papà dovesse essere accolta, avverte l'avvocato, "il rischio è che ci sia una modifica delle condizioni di separazione o divorzio, le conseguenze vanno dal semplice richiamo alla modifica della regolamentazione dell'affido".

"Avvocato, devo andare a prendere mio figlio, cosa scrivo nell'autocertificazione?"

Per le visite all'interno dello stesso comune lo spostamento rientra nelle "situazioni di necessità", sulla questione è anche intervenuta una circolare governativa. Invece, nel caso in cui si debba raggiungere un comune diverso le cose si complicano. Per questo genere di trasferimenti, infatti, le nuove regole parlano di "assoluta urgenza". E non è chiaro, a questo punto, se nella dicitura rientri anche il diritto di visita. Quindi, "se un papà viene da fuori, nessun avvocato o giudice possono garantire l'esenzione dalla multa", spiega Puglisi. Il suggerimento è di "specificare nell'autocertificazione l'esercizio del diritto di frequentazione, allegando una copia del provvedimento di separazione o divorzio". "È essenziale – gli fa eco la collega

Corinna Marzi

Del Foro di Roma, esperta di diritto di famiglia e membro del consiglio direttivo dell'Istituto italiano di diritto collaborativo (Iicl) – che dalla documentazione risultino i giorni di visita fissati dal tribunale, questo perché è già capitato che qualcuno facesse il furbo provando a giustificare lo spostamento con la scusa di andare a prendere i figli".

"Avvocato, ho abbassato la saracinesca, come faccio a pagare l'assegno di mantenimento?"

Un altro fenomeno tipico dei tempi di oggi e del lockdown imposto dal governo riguarda gli assegni di mantenimento. "Mi hanno già contattata diversi clienti, mi dicono che sono stati costretti a chiudere le proprie attività e che non ce la fanno a pagare l'assegno mensile", spiega la Marzi. Le categorie professionali più colpite sono imprenditori e partite iva che, a differenza dei lavoratori subordinati, non possono contare sulla casa integrazione. "Non pagare l'assegno di mantenimento è un reato, quello che consiglio ai papà – spiega la legale – è di cercare di trovare un accordo con la controparte, pagando una somma ridotta con la promessa di una futura integrazione". In ogni caso, ricorda l'avvocato, "si può sempre chiedere una modifica delle condizioni di mantenimento, anche questo tipo di procedimenti rientra tra quelli urgenti e quindi le discussioni non sono sospese".

"Avvocato, come faccio a separarmi?"

Al momento si naviga a vista: ci si può separare consensualmente con la negoziazione assistita, mentre in via giudiziale si può sempre adire il tribunale con la speranza che il giudice ritenga la questione meritevole di urgenza. Per le altre ipotesi bisognerà aspettare che l'attività giudiziaria torni ad operare a pieno regime. Entrambi i legali concordano su un aspetto: tra gli strascichi di questa pandemia ci sarà sicuramente un'impennata delle separazioni. Lo "tsunami" giudiziario è atteso per settembre, considerando che, oltre all'emergenza, c'è la consueta sospensione feriale. "Mi aspetto un'ondata di separazioni a partire da settembre, perché le restrizioni hanno sottoposto le coppie in crisi a uno stress inedito", ragiona Puglisi. È d'accordo anche la Marzi: "Normalmente i picchi delle separazioni sono sempre successivi a periodi prolungati di coabitazione, come le vacanze estive o invernali, perché queste situazioni acutizzano in maniera importante la conflittualità accelerando la disgregazione dei rapporti in crisi".



https://www.ilgiornale.it/news/cronache/coronavirus-tutte-risposte-ai-dubbi-dei-padri-separati-1847162.html
Affidamento dei figli: l’esperta ci spiega cosa fare quando un padre non rispetta le disposizioni sull’affidamento

Affidamento dei figli: la nostra esperta ci spiega cosa fare se un padre non rispetta le disposizioni sull’affidamento dei figli.

Purtroppo succede molto spesso: sono sempre più frequenti le storie di padri, alle volte di madri, che, dopo una separazione o un divorzio, non rispettano le disposizioni del Tribunale, non si occupano dei figli nei giorni concordati, non versano l’assegno di mantenimento.

L’Avvocato Corinna Marzi, esperta in diritto di famiglia e dei minori, ci ha spiegato cosa può fare, in questi casi, una mamma per tutelare suo figlio, senza però coltivare inutili rancori.

Avvocato Marzi, spesso le mamme si lamentano che i loro ex-mariti o ex-compagni non si occupano più dei loro figli, non li vanno a trovare quanto dovrebbero secondo le disposizioni del Tribunale e, spesso, non versano nemmeno il contributo al mantenimento: cosa può e deve fare una mamma per tutelare suo figlio?

Purtroppo è molto frequente che i padri non riescano a costruire con i figli un rapporto stabile e duraturo nel tempo. Il fatto dipende da diverse circostanze. In primo luogo hanno questo tipo di atteggiamento i padri che in realtà, intimamente o a volte anche palesemente (ma inascoltati) non desideravano diventare tali. Poi può dipendere da questioni prettamente caratteriali del singolo marito o compagno, ovvero, infine, da quanto gli ex-mariti o ex-compagni sono stati coinvolti nella cura dei figli sin dall’inizio della loro nascita, con madri che, senza alcun apparente motivo, impediscono o ostacolano (soprattutto dopo la separazione) il rapporto dei figli con i padri.

L’Avvocato Marzi spiega che “non potendo purtroppo legalmente obbligare nessuno a fare il padre, quello che posso consigliare a tutte le mamme è di impegnarsi al massimo nel riuscire ad interessare i padri di più nella gestione dei figli fin dalla nascita. I padri spesso si sentono esclusi dalla famiglia con la conseguenza che non si crea quell’affiatamento con i figli necessario alla costruzione di un rapporto importante e duraturo per il futuro. Insomma, anche se non  viene loro naturale, consiglio alle mamme di occuparsi dei figli insieme ai papà, anche se questi ultimi inizialmente non sembrano mostrare molta voglia e nonostante le cose da fare debbano essere spiegate più di una volta. Dopo la separazione, se un padre non ha voglia di occuparsi dei figli, non ci sarà modo di obbligarlo in nessun modo. Quindi il mio secondo consiglio in questo caso è, purtroppo, di farsene una ragione e di proseguire la propria vita in modo sereno, nonostante tutto”.

“Quanto al contributo al mantenimento, la legge mette a disposizione diversi mezzi per recuperare le somme che il padre non dovesse versare. E’ chiaro che se l’obbligato è nullatenente o non ha un lavoro dipendente o un conto corrente intestato sarà difficile recuperare alcunché. Se, invece, ha un immobile intestato o uno stipendio o dei creditori (clienti, affittuari ecc.) si può procedere ad esecuzione forzata su detti beni o somme”.

Avvocato Marzi, esiste un modo “pacifico” di risolvere questi problemi così frequenti?

Il metodo migliore per risolvere questo tipo di problemi in modo pacifico è quello di iniziare bene. Come si dice: “il buon giorno si vede dal mattino”. La separazione dovrebbe essere, quindi, condotta con l’aiuto di professionisti seri ed esperti nella materia del diritto di famiglia abituati a gestire i conflitti familiari ed ad aiutare le parti a trovare le migliori soluzioni per la loro famiglia. Una separazione consensuale ragionata, dove le parti si assumono la responsabilità di decidere le migliori soluzioni per il loro futuro, raramente porta a scontri successivi. Di solito, quando c’è lo scontro, nonostante una separazione consensuale, le condizioni della separazione non sono state del tutto assunte con ragionata coscienza e volontà da almeno una delle parti in lite.

“Per la mia esperienza personale posso dire che ogni volta che le parti hanno discusso le questioni economiche in modo aperto, facendo insieme e con l’aiuto degli avvocati la cosiddetta “lista della spesa”, le somme così calcolate sono sempre state considerate eque dalla parte obbligata al pagamento (di solito i padri) ed accettate. Anche il diritto di visita dei figli, quando ragionato e discusso apertamente con reciproco rispetto per gli impegni dell’uno e dell’altro, è questione facilmente risolta e di solito rispettata e seguita. Nei casi trattati con questo metodo di incontri a 4 (ancora meglio se con il metodo collaborativo di cui abbiamo già parlato in questa rubrica) non mi sono, quindi, mai trovata a dover fare esecuzioni forzate per il recupero delle somme dovute per gli alimenti. Per tutelare il figlio, pertanto, consiglio sempre di cercare il dialogo con l’altra parte anche con l’aiuto di un avvocato esperto nella materia del diritto di famiglia che sappia come affrontare una negoziazione così delicata”.

E’ vero che una volta terminato un matrimonio i padri sono spesso assenti dalla vita dei figli? O è vero piuttosto che spesso sono le mamme che, di fatto, li escludono come possono dalla vita dei figli?

E’ vero tutto ed il contrario di tutto. Non si può generalizzare, sarebbe un grave errore. Come ho detto prima, si tratta della famosa domanda se è nato prima l’uovo o la gallina. A fronte di padri che per diverse ragioni sono assenti dalla vita dei figli, vi sono altrettante madri che di fatto in un modo o nell’altro escludono i padri dalla vita dei figli. A volte la prima dipende dalla seconda. Le madri che escludono i padri dopo la separazione di solito li hanno già esclusi in costanza di matrimonio o convivenza. Purtroppo ci sono famiglie che geneticamente nascono disunite”.

“Ci sono casi in cui la famiglia non si è proprio mai costituita perché ad esempio il figlio è nato a seguito di un rapporto occasionale. Ci sono, infine, madri che si lamentano perché i padri non si occupano dei figli, ma non appena i padri provano a dare un contributo, invece di sostenerli e di essere collaborative, li stroncano e li denigrano facendo loro passare ogni fantasia. Ci sono mariti o compagni svalutanti nei confronti delle mogli o compagne e che rimangono tali anche dopo la separazione. Si tratta della natura delle persone che nessun giudice o circostanza sopravvenuta può modificare”.

L’unico consiglio valido è quello di valutare attentamente la persona che si sceglie come padre/madre dei propri figli. Ogni errore di valutazione potrebbe essere fatale ed una volta operata la scelta non si può che assumersene la responsabilità ed accettarne tutte le conseguenze, nel bene e nel male, senza scaricare detta responsabilità interamente addosso all’altro. Tenere i figli fuori da queste dinamiche e  dagli effetti nefasti di errate opzioni è l’unico modo di tutelarli. Ogni coinvolgimento contro “l’altro” sarebbe una grave ed ingiustificata estensione di responsabilità nei confronti dei figli.  

https://www.donnamoderna.com/mamme/bambini/affidamento-figli