IL Diritto collaborativo - Separarsi con rispetto


Avv. Corinna MARZI

Nell'ambito delle ADR (Alternative Dispute Resolutions) il Diritto Collaborativo ovvero Collaborative Law si colloca tra i metodi alternativi di risoluzione dei conflitti familiari. Si tratta di un procedimento extra-processuale con metodo interdisciplinare introdotto in Italia nel 2010 che prende le mosse dalla pratica virtuosa ideata negli Stati Uniti nel 1990 dall'avvocato esperto in diritto di famiglia del Minnesota, Stuart Webb. La Collaborative Law o Practice si è velocemente diffusa in tutti gli Stati Uniti ed in Canada dove lo sviluppo esponenziale di detta pratica è stata oggetto di un rapporto del Ministero della Giustizia canadese indicato come uno dei fenomeni più rilevanti degli ultimi 25 anni nel diritto di famiglia! In Europa è l'Inghilterra la pioniera del Diritto Collaborativo. Il Giudice Paul Coleridge specificava nell'ottobre 2007 che "il diritto collaborativo esiste per partecipare alla rivoluzione che il diritto di famiglia sta sperimentando negli ultimi anni e per cambiare la cultura e l'ambiente del contenzioso familiare"?, Anche in Irlanda il Collaborative Law ha conosciuto uno sviluppo straordinario seguito dalla Scozia, l'Austria, la Svizzera, la Germania, la Repubblica Ceca e l'Olanda. La ragione per questo sviluppo è da ravvisarsi nella ricerca di una risposta immediata ed innovativa ad un sentimento di insoddisfazione crescente iniziato con la liberalizzazione del divorzio negli anni'70 del secolo scorso. Gli alti tassi di divorzio raggiunti nei diversi Paesi europei ed il continuo ricorso alle aule dei Tribunali per risolvere conflitti familiari ha avuto la conseguenza di una crescente incapacità delle autorità giudiziarie di affrontare dette problematiche in modo adeguato. Di qui l'evidente interesse da parte degli operatori di diritto di famiglia di accogliere il procedimento collaborativo tra i procedimenti virtuosi in grado di rispondere in modo più adeguato alle esigenze delle famiglie con metodi efficaci e pragmatici per consentire di alleggerire, quando possibile, l'intervento dello Stato nella sfera familiare. Sono diversi i metodi alternativi introdotti negli ultimi 10 anni in Italia per dare una risposta alle crescenti domande di risoluzione alternativa al ricorso agli organi giurisdizionali per i conflitti familiari come ad esempio l'avvento della mediazione familiare. A differenza della mediazione familiare - dove le parti che intendono dare un assetto alla loro separazione o divorzio senza l'intervento del Tribunale si rivolgono ad un unico soggetto, il mediatore, che in modo imparziale sentite le parti verifica e propone delle soluzioni per la regolamentazione della futura vita familiare "da separati"-, nella pratica collaborativa è prevista la presenza degli avvocati a fianco alle parti con l'eventuale intervento di esperti psicologi e finanziari neutrali esterni di volta in volta invitati a partecipare alle riunioni al fine di aiutare i separandi a trovare le migliori soluzioni per la regolamentazione futura dell'assetto familiare in un clima collaborativo. Il concetto fondamentale elaborato da Stuart Webb è quello che vede professionisti di diverse aree di competenza e le parti impegnati tutti insieme in modo collaborativo in teamwork alla ricerca delle migliori soluzioni nell'interesse della famiglia e della prole. Il risultato di questo lavoro di gruppo, dove i protagonisti sono sempre le parti che autonomamente e consapevolmente decidono di aderire alle soluzioni proposte nel corso delle riunioni, sarà inserito in un ricorso congiunto al fine dell'omologa da parte del Tribunale.

 La pratica collaborativa, improntata al rispetto ed alla trasparenza tra le parti e gli avvocati sancita in un contratto c.d.accordo a quattro con il quale le parti ed i loro difensori sottoscrivono di voler aderire alla pratica collaborativa per risolvere il conflitto familiare sottoponendosi alle regole di detto procedimento, ha in realtà una sola fondamentale regola: se il procedimento dovesse fallire per una delle ragioni sancite nel contratto gli avvocati dovranno fare un passo indietro e non potranno patrocinare i propri clienti in un eventuale giudizio innanzi al Tribunale. Tale fondamentale regola, il patto di rinuncia al mandato, è la garanzia che tutti i professionisti coinvolti effettivamente si attiveranno per trovare le migliori soluzioni nell'interesse del nucleo familiare in fase di separazione. E' un potente stimolo per tutte le parti coinvolte a ricercare una soluzione creativa che consentirà loro di conservare ma anche di rafforzare ciò che hanno acquisito. Precisamente la pratica collaborativa è un'alternativa extra giudiziaria al processo di separazione, divorzio o di affidamento e mantenimento dei figli naturali per limitare lo stress, i costi e l'imprevedibilità tipica della soluzione giurisdizionale. Si tratta di un procedimento multidisciplinare che vede l'interazione contemporanea di avvocati, psicologi e commercialisti (se necessari) e parti tutti uniti nella ricerca delle migliori soluzioni per la coppia che intende porre fine alla propria unione coniugale (o di fatto quando vi sono figli). 

Rispetto alla negoziazione compiuta dagli avvocati che hanno sviluppato una maggiore attenzione e sensibilità ai problemi connessi alla separazione della coppia, e che cercano di perseguire in via preventiva un tentativo di risoluzione consensuale della separazione/divorzio, il diritto collaborativo rappresenta un passaggio più evoluto perché mira a risolvere i conflitti familiari in uno spazio protetto attraverso il sostegno di professionisti delle varie aree di competenza. Il procedimento di diritto collaborativo si basa sull'impegno contrattuale concretizzato in un contratto collaborativo, in cui le parti coinvolte si impegnano a rispettare i principi guida ed essenziali del diritto collaborativo. Oltre ad una deontologia comune, il diritto collaborativo mette in atto un processo particolare di risoluzione secondo il quale due persone, che si trovano in posizioni contrapposte per una controversia familiare, scelgono ciascuna un avvocato esperto in diritto collaborativo e ricercano insieme, in occasione di incontri a quattro stabiliti secondo un calendario preciso, una soluzione appropriața alle loro difficoltà. In ogni "caso" collaborativo, quindi, ciascuna parte è rappresentata dal proprio avvocato di fiducia formato nella pratica collaborativa. Lavorando insieme nelle sessioni congiunte le parti, i loro avvocati ed i consulenti tecnici (psicologi e/o esperti infantili e/o commercialisti) cercano di identificare i bisogni e gli interessi di ciascun membro della famiglia e nello stesso tempo le aree su cui non vi è accordo. Il team collaborativo assisterà le parti usando strategie di "problem solving" per ridurre o eliminare le aree di disaccordo, allo scopo di pervenire ad una soluzione del problema mirata alle esigenze del singolo membro della famiglia. Gli incontri a quattro necessari alla conclusione del procedimento collaborativo generalmente sono tra i 4 e gli 8, ciascuno della durata di due ore circa ed intervallati da uno o due incontri di preparazione tra avvocato e cliente. Quando si rende necessario agli incontri parteciperanno anche i professionisti neutrali sempre col fine di individuare le migliori soluzioni nell'interesse della coppia e dei figli.

 La pratica collaborativa portata a compimento con successo culmina nella redazione di un ricorso congiunto da presentare in Tribunale per l'omologa contenente le decisioni prese in condivisione nell'ambito del procedimento stragiudiziale. La pratica collaborativa è indicata per la risoluzione di tutti i conflitti familiari anche se connotati da un' alta conflittualità tra coniugi. Questa non impedisce la scelta dell'approccio collaborativo perché una

I Dibattiti delle peculiarità del procedimento consiste proprio nella partecipazione agli incontri di un professionista dell'area psicologica che, in caso di conflitto, può intervenire al fine di dirimere i diversi punti controversi. Spesso si tratta solo di aprire nuovamente un canale di comunicazione ormai chiuso da tempo per le ragioni più diverse. Non è, invece, indicata la pratica collaborativa in tutti i casi in cui vi sia un effettivo sospetto di violenza fisica tra le parti o nei confronti dei figli. L'indubbio vantaggio dell'utilizzo della pratica collaborativa sta nel fatto che, avvenendo il processo collaborativo negli studi degli avvocati "collaborativi", quindi al di fuori dei Tribunali, questi ha una durata molto limitata nel tempo (qualche mese, rispetto ad un giudizio in Tribunale che può durare anche circa 4/5 anni). Altro vantaggio è la possibilità di trovare soluzioni originali ed alternative condivise tra i diversi professionisti esperti della materia e le parti stesse che un Tribunale non avrebbe il potere né di disporre né di proporre. Ad esempio per quello che attiene la casa coniugale l'unica possibilità per il Tribunale investito della separazione o del divorzio, ma anche dell'affidamento e mantenimento dei figli naturali, sarebbe quella di assegnarla ad uno o all'altro coniuge. Nel processo collaborativo, invece, ampie e diversificate sono le possibilità alternative che possono nascere ed essere decise in condivisione come ad esempio la divisione della casa, la vendita con contestuale acquisto di due distinte abitazioni ecc.. Regola fondamentale del processo collaborativo è il rispetto tra le parti e la conseguente mancanza di aggressione reciproca verbale, psicologica o fisica, pena l'interruzione della pratica collaborativa. Ne consegue che i coniugi o le coppie di fatto per tutto il processo collaborativo sono obbligati ad avere un contegno reciproco civile e contenuto a tutto vantaggio dei figli che non dovranno subire la "guerra dei Roses" dentro casa per anni. il fattore che rende la pratica collaborativa cosi efficace e la circostanza che questo tipo di procedimento implica una grande assunzione di responsabilità delle parti nelle decisioni per il futuro della propria famiglia e dei figli. Questa non è quasi mai presente nei metodi alternativi quali la separazione consensuale tradizionale (basata sulla capacità negoziale degli avvocati ai quali le parti delegano al 100% le scelte per il futuro della loro famiglia) o addirittura la separazione giudiziale (basata sulla delega totale delle anzidette scelte alla decisione di un Giudice, che non potrà mai conoscere in modo approfondito le reali vicende famigliari come i protagonisti stessi).

 I benefici che si traggono dal metodo collaborativo sono sicuramente riscontrabili nel lungo periodo sia nella sfera economica come in quella personale. Le decisioni responsabilmente prese nell'ambito collaborativo, infatti, risultano durevoli nel tempo, quindi meno esposte al pericolo di modifiche future in sede giudiziale. L'esito prodotto dalla consapevole negoziazione nella pratica collaborativa si traduce in una sensazione avvertita dalle parti come "win-win"(vincitore-vincitore), anziché come "win looser" (vincitore- vinto) altrimenti riscontrabile all'esito di una separazione giudiziale o all'esito di una consensuale tradizionale non sufficientemente approfondita. La pratica collaborativa oltre ad essere un efficace procedimento alternativo per la risoluzione dei conflitti familiari rappresenta l'occasione per uscire dalla crisi che la professione legale sta affrontando da qualche anno ormai, La collaborative practice risponde al bisogno di ricollocazione dell'avvocato di diritto di famiglia restituendogli professionalità. Essa, infatti, consente all'avvocato di offrire una vasta gamma di servizi supplementari al cliente per sempre meglio rispondere alle sue aspettative ed ai suoi bisogni. I problemi di diritto di famiglia e del patrimonio richiedono sempre più una deontologia ed una competenza particolare degli avvocati e l'utilizzo dell'interdisciplinarità è sempre più essenziale se si vogliono attuare soluzioni serie e definitive. La conseguenza sarà una ritrovata stima da parte dell'opinione pubblica della figura degli avvocati che ad oggi risulta purtroppo ridotta ai minimi termini.

Il Diritto Collaborativo si rivolge, quindi, a coloro che accettano di modificare il loro comportamento professionale, che desiderano adattarsi al cambiamento radicale di mentalità ed alla volontà di pacificazione dei conflitti familiari e che sono consapevoli che le famiglie di domani, necessariamente più internazionali rispetto al passato, richiederanno un procedimento globale di risoluzione dei conflitti transnazionali.